L’olimpiade (Jommelli), libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1774

 che sian le mie figliole maritate.
 CECCO
 Voi stesso l’approvate?
 BUONAFEDE
                                            Signorsì.
 CECCO
 Quando dunque è così,
 per maggior sussistenza
1390del loro matrimonio,
 acciò non si rendesse un giorno vano,
 congiungetele voi di vostra mano.
 BUONAFEDE
 Sì signor, dite bene,
 questa funzione al genitor conviene.
 
1395   Qua la mano, qua la mano.
 Vi congiungo e sposi siete.
 State uniti, se potete;
 fra voialtri non gridate
 e al dovere non mancate
1400della vostra fedeltà.
 
 CECCO
 Orsù, tutto è finito. (S’alza)
 Son fatti i matrimoni.
 Buonafede è contento.
 Voi siete sodisfatti.
1405Ognun vada a goder la sua fortuna
 e bisogno non v’è più d’altra luna.
 ECCLITICO
 Sì sì, voi dite bene.
 Or che siam maritati,
 or ch’è ognuno di noi lieto e giocondo,
1410tornar tutti potiam al nostro mondo.
 ERNESTO
 Al mondo ritorniamo
 e grazie a Buonafede noi rendiamo.
 BUONAFEDE
 Come? Che cosa dite?
 Intendervi non so.
 CECCO
1415Meglio dunque con voi mi spiegherò.
 TUTTI
 
    Questo è quello che succede
 a chi vuol cambiar fortuna,
 tutto spera, tutto crede
 nelle stelle e nella luna;
1420ma alla fin si pentirà
 chi lunatico sarà.
 
 Fine del dramma
 
 
 
 IL MONDO DELLA LUNA
 
 
    Dramma giocoso per musica di Polisseno Fegeio, pastor arcade, da rappresentarsi nel teatro Formagliari l’autunno dell’anno MDCCLV, dedicato alle nobilissime dame e cavalieri di Bologna.
    In Bologna, per il Sassi successore del Benacci, con licenza de’ superiori.
 
 
 Nobilissime dame e cavalieri,
    l’aggradimento che avete dimostrato de’ due passati drammi giocosi in musica, o nobilissime dame e cavalieri, mi fa corraggio di esporre al pubblico ancora questo terzo e di consecrarlo parimenti sotto li vostri benigni auspici, sperando che non meno degl’altri avrete la bontà di compatirlo, lo che ottenendo, l’ascriverò sempre più a mia maggior gloria e vantaggio; e siccome per le parti tutte che lo compongono dovrebbe questo pure incontrare l’aggradimento universale, così affidato dall’amorevolezza vostra, o gentilissime dame e cavalieri, che sovente l’onorerete con la vostra presenza, ciò mi servirà di stimolo a prendere sempre maggior corraggio in servirvi altre volte di consimili divertimenti. Intanto passo a protestarmi col più profondo ossequio delle signorie vostre umilissimo, devotissimo ed obbligatissimo servitore.
 
    Bortolo Ganassetti impresario
    Bologna, li 18 ottobre 1755
 
 
 ATTORI
 
 ECCLITICO finto astrologo
 BUONAFEDE
 FLAMINIA figlia di Buonafede
 LISETTA cameriera
 CLARICE altra figlia di Buonafede
 CECCO servitore di Ernesto
 ERNESTO
 
    La musica è del celebre signor Baldassare Galuppi detto Buranello.
    Li balli sono d’invenzione e direzione del signor Paolo Cavazza, eseguiti dalli seguenti: signora Teresa Lolli, signora Francesca Stochinder, signora Lisabetta Lolli, signora Maria Felice Marcucci, signor Angelo Lolli, signor Vincenzo Monari, signor Giuseppe Giovannini, signor Francesco Battestini.
    Il vestiario è proprio e decoroso.
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: terrazzo sopra la casa di Ecclitico con torre nel mezzo, o sia specula, ed un gran canocchiale su due cavalletti, notte con luna e cielo stellato e quattro fanali che illuminano il terrazzo; camera in casa di Buonafede, con loggia aperta, tavolino con lumi e sedie.
    Nell’atto secondo: giardino delizioso in casa di Ecclitico o nel mondo della luna, ove si rappresentano alcune stravaganze ordinate dall’astrologo per deludere Buonafede; carro trionfale, indi una machinetta e lateralmente il trono.
    Nell’atto terzo: camera in casa di Ecclitico con tre sedie; sala in casa di Ecclitico con piccolo tempio in prospetto illuminato colla statua di Diana e trono da un lato.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Notte con luna e cielo stellato. Terrazzo sopra la casa di Ecclitico con torre nel mezzo, o sia specula, ed un gran canocchiale su due cavalletti. Quattro fanali che illuminano il terrazzo.
 
 ECCLITICO e quattro scolari
 
 TUTTI
 
    O luna lucente,
 di Febo sorella,
 che candida e bella
 risplendi lassù,
 
5   deh fa’ che i nostr’occhi
 s’accostino ai tuoi
 e scopriti a noi
 che cosa sei tu.
 
 ECCLITICO
 Basta, basta, discepoli,
10alla triforme dea le voci giunsero;
 esauditi sarete in breve termine.
 Su via, tosto sugli omeri
 prendete l’arcimassimo
 mio canocchial novissimo.
15Drizzatel su la specula
 perpendicolarmente inver l’ecclitica.
 Vuo’ veder se avvicinasi
 da due pianeti il sinodo,
 id est quando la luna al sol congiungesi,
20che dal mondo volgare ecclissi appellasi.
 Andate, andate subito,
 pria che Cintia ritorni al suo decubito. (Li scolari prendono il canocchiale e lo portano dentro alla specula, vedendosi spuntar fuori della sommità della medesima)
 Oh le gran belle cose
 che a intendere si danno
25a quei che poco sanno per natura!
 Oh che gran bel mestier ch’è l’impostura!
 Chi finge di saper accrescer l’oro,
 chi cavar un tesoro,
 chi dispensa segreti,
30chi parla dei pianeti,
 chi vende mercanzia
 di falsa ipocrisia,
 chi finge nome, titolo e figura,
 oh che gran bel mestier è l’impostura!
35Io fo la parte mia
 con finta astrologia,
 ingannando egualmente i sciocchi e i dotti,
 che un bravo cacciator trova i merlotti.
 Eccone uno; ecco quel buon cervello
40del signor Buonafede,
 da lui, che tutto crede,
 con una macchinetta,
 inventata dal mio sottile ingegno,
 far un colpo galante ora m’impegno.
 
 SCENA II
 
 BUONAFEDE e detto
 
 BUONAFEDE
45Si puol entrar?
 ECCLITICO
                               Sì, venga, mi fa grazia.
 BUONAFEDE
 Servo, signor Ecclitico;
 in che cosa si sta lei divertendo?
 ECCLITICO
 Nella speculazion di varie stelle
 stav’or considerando
50l’analogia che unisce
 alle fisse l’erranti,
 al capo di Medusa il Can celeste,
 al cuore del Leon la Spiga d’oro
 ed all’Orsa maggior l’occhio del Toro.
 BUONAFEDE
55Oh bellissime cose!
 Anch’io d’astrologia son dilettante
 ma quel che mi dà pena
 è il non saper trovar dottrina alcuna
 che mai sappia spiegar cos’è la luna.
 ECCLITICO
60La luna è un corpo diafano
 che dai raggi del sol è illuminato;
 ma in quel bel corpo luminoso e tondo
 che credete vi sia? V’è un altro mondo.
 BUONAFEDE
 Oh che cosa mi dite?
65Colà v’è un altro mondo?
 Ma cosa son quei segni
 che si vedon nel corpo della luna?
 So che un giorno mia nonna,
 la qual non era sciocca,
70mi disse ch’ella avea gli occhi e la bocca.
 ECCLITICO
 Scioccherie, scioccherie. Le macchie oscure
 son del mondo lunar colline e monti.
 Non già monti sassosi,
 come da noi veggiam, ma son formati
75d’una tenue materia,
 la qual s’arrende e cede
 alla pression del piede;
 indi s’alza bel bello e non si spacca,
 onde l’uomo camina e non si stracca.
 BUONAFEDE
80Oh che bel mondo! Ma ditemi, amico,
 come siete arrivato
 a scoprir cosa tale?
 ECCLITICO
 Ho fatto un canocchiale
 che arriva a penetrar cotanto in dentro
85che veder fa la superficie e il centro.
 Individua non solo
 i regni e le provincie
 ma le case, le piazze e le persone.
 Col mio canocchialone
90posso veder lassù, per mio diletto,
 spogliar le donne quando vanno a letto.
 BUONAFEDE
 Oh bellissima cosa!
 Ma dite, non potrei,
 caro Ecclitico mio,
95col vostro canocchial veder anch’io?
 ECCLITICO
 Perché no? Benché io sia
 solo inventor della mirabil arte,
 voglio che ancora voi ne siate a parte.
 BUONAFEDE
 Obbligato vi sono e vi sarò.
100Vederete per voi cosa farò.
 ECCLITICO
 Nella specula entrate,
 nel canocchial mirate.
 Cose belle vedrete,
 cose rare, per cui voi stupirete.
 BUONAFEDE
105Vado e provar io voglio
 se con quel canocchial sì lungo e tondo
 alla luna poss’io veder il fondo.
 Ma chi son quei signori
 che dove io deggio entrar vengono fuori?
 ECCLITICO
110Sono scolari miei,
 amanti della luna come lei.
 
 SCENA III
 
 Li scolari escono dalla specula e s’inchinano a BONAFEDE
 
 BUONAFEDE
 Servitore obbligato.
 ECCLITICO
 Olà, Claudio, Pasquino, (Vengono due servi)
 la machina movete,
115fate ch’ella s’appressi al canocchiale,
 onde mirando in quella
 il signor Bonafede
 movere le figure ad una ad una
 creda mirar nel mondo della luna. (Partono i servi)
120Quanti sciocchi mortali
 con falsi canocchiali
 credono di veder la verità
 e non sanno scoprir le falsità.
 Quanti van scrutinando
125quello che gli altri fanno
 e sé stessi conoscere non sanno. (Si vede accostarsi alla cima del canocchiale una machina illuminata, dentro la quale si muovono alcune figure)
 Il signor Bonafede
 ora di veder crede
 le lunatiche donne sol lassù
130e lunatiche sono ancor quaggiù. (Buonafede esce dalla specula ridendo)
 BUONAFEDE
 Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E cosa mai?
 BUONAFEDE
 Ho veduto una cosa bella assai.
 
    Ho veduto una ragazza
 far carezze ad un vecchietto,
135oh che gusto, oh che diletto
 che quel vecchio proverà.
 
    Oh che mondo benedetto,
 oh che gran felicità! (Torna nella specula)
 
 ECCLITICO
 Se una ragazza fa carezze a un vecchio
140non la sprona l’amor ma l’interesse.
 Lo vezzeggia, lo adora
 ma che creppi il meschin non vede l’ora. (Buonafede esce dalla specula)
 BUONAFEDE
 Ho veduto, ho veduto.
 ECCLITICO
                                           E che, signore?
 BUONAFEDE
 Una cosa, per cui rido di cuore.
 
145   Ho veduto un buon marito
 bastonar la propria moglie,
 per corregere il prorito
 d’una certa infedeltà.
 
    Oh che mondo ben compito;
150oh che gusto che mi dà. (Torna nella specula)
 
 ECCLITICO
 Volesse il ciel che quanto
 fintamente ha mirato
 fosse nel nostro mondo praticato.
 Se gli uomini di garbo
155alle cattive mogli
 desser di bastonate un precipizio,
 avrebbero le donne più giudizio. (Buonafede torna uscir dalla specula)
 BUONAFEDE
 Oh questa assai mi piace!
 ECCLITICO
                                                  Che vuol dire?
 BUONAFEDE
 Ho veduto il contrario
160di quello che fra noi si suol usare
 da un uomo e da una donna praticare.
 
    Ho veduto dall’amante
 per il naso esser menata
 certa donna innamorata
165che chiedeva invan pietà.
 
    Oh che usanza prelibata!
 Oh si usasse ancora qua!
 
 ECCLITICO
 E qui ancor si useria,
 se gli uomin non patisser la pazzia.
 BUONAFEDE
170Caro signor Ecclitico,
 ho veduto gran cose
 e per farvi veder che son contento
 questa borsa tenete.
 ECCLITICO
                                        Oh meraviglio!
 BUONAFEDE
 Eh prendetela, via, che io così vuo’.
 ECCLITICO
175Se volete così, la prenderò.
 BUONAFEDE
 Diman ritornerò.
 ECCLITICO
                                   Siete padrone.
 BUONAFEDE
 Certo, quel canocchiale è assai ben fatto,
 tutto, tutto si vede. Ho un gusto matto.
 
    La ragazza col vecchione,
180uh carina, bel piacere!
 Il marito col bastone,
 bravo, bravo, oh bel vedere!
 Una donna per il naso,
 che bel colpo! Che bel caso!
185Oh che mondo benedetto!
 Oh che gran felicità!
 
    Che piacere, che diletto,
 o che gusto che mi dà. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ECCLITICO, poi ERNESTO e CECCO
 
 ECCLITICO
 Io la caccia non fo alle sue monete
190ma vorrei, se potessi,
 la sua figlia Clarice,
 custodita con tanta gelosia,
 torla dalle sue mani e farla mia.
 ERNESTO
 Amico, vi son schiavo.
 ECCLITICO
195Servo, signor Ernesto.
 CECCO
                                           Riverisco
 il signor segretario della luna.
 ECCLITICO
 Sei pazzo e tal morrai.
 ERNESTO
                                           Veduto escire
 ho dalla vostra casa
 il signor Buonafede. È vostro amico?
 ECCLITICO
200Amico ed amicone
 della mia strepitosa professione.
 ERNESTO
 Egli ha una bella figlia.
 ECCLITICO
                                             Anzi n’ha due.
 CECCO
 Anzi rassembra a me
 che colla cameriera n’abbia tre.
 ERNESTO
205Son di Flaminia amante.
 ECCLITICO
 Ed io Clarice adoro.
 CECCO
 Per Lisetta ancor io spasimo e moro.
 ERNESTO
 L’ho chiesta a Buonafede
 ed ei me l’ha negata.
 ECCLITICO
210Spera di maritar le proprie figlie
 con prencipi d’altezza.
 CECCO
                                           E così spera
 a un conte maritar la cameriera.
 ECCLITICO
 Corrisponde Flaminia all’amor vostro?
 ERNESTO
 Mi ama con tutto il cor.
 CECCO
                                             La mia Lisetta
215per le bellezze mie par impazzita.
 ECCLITICO
 E Clarice è di me pur invaghita.
 Ditemi, vogliam noi
 rapirle a questo pazzo?
 ERNESTO
                                             Il ciel volesse!
 ECCLITICO
 Secondatemi dunque e non temete.
 CECCO
220Un ottimo mezzan so che voi siete.
 ECCLITICO
 Di denar come state?
 ERNESTO
                                          Quando occorra,
 io vuoterò l’errario.
 CECCO
 Io sacrificherò tutto il salario.
 ECCLITICO
 Andiamo; ho un machinista
225che prodigi sa far. Con il mio ingegno
 oggi di far m’impegno
 che il signor Buonafede, o sia baggiano,
 le tre donne ci dia colla sua mano.
 CECCO
 Oh bravo!
 ERNESTO
                      E come mai?
 ECCLITICO
                                                Tutto saprete.
230Preparate monete,
 preparate di far quel che dirò
 e la parola mia vi manterrò.
 Vorrei su questo fatto
 fare intesa Clarice;
235ma è donna, chi sa poi
 se tacere sapesse?
 So che dice il proverbio:
 «Un segreto a una donna hai confidato,
 in breve lo sa tutto il vicinato».
 
240   Un segreto, o donne care,
 per tacer fate così:
 «Senti, amica, ci, ci, ci;
 ma silenzio; uh non va detto;
 oh comare, il bel casetto;
245ma silenzio! Uh preme assai».
 
    E con questa manierina
 lo sa Momola e Checchina,
 Livia, Tonola e Pandora
 e non passa un quarto d’ora
250che n’è piena la città.
 
 SCENA V
 
 ERNESTO e CECCO
 
 CECCO
 Costui dovrebbe al certo
 esser ricco sfondato.
 ERNESTO
                                        E a che motivo?
 CECCO
 Perché a far il mezzano
 egli non ha difficoltade alcuna.
255Ed è questo un mestier che fa fortuna.
 ERNESTO
 Tu dici male; Ecclitico è sagace
 e se in ciò noi compiace
 il fa perché Clarice ei spera e l’ama.
 CECCO
 Ho inteso, ho inteso. Ei brama
260render contenti i desideri suoi
 e vuol far il piacer pagar a noi.
 ERNESTO
 Orsù, taci e rammenta
 chi son io, chi sei tu.
 CECCO
 Per cent’anni, padron, non parlo più.
 ERNESTO
265Vado in questo momento
 denaro a proveder. Tu va’, m’attendi
 d’Ecclitico all’albergo, ove domani,
 mercé il di lui talento,
 spero che l’amor mio sarà contento.
 
270   Più della sorte irata
 non temo in me l’orgoglio,
 già l’alma innamorata
 nel sen di chi l’accende
 spera riposo e amor.
 
275   Amor che pria tiranno
 mi fe’ provar l’affanno
 ed or pietoso rende
 la pace a questo cor.
 
 SCENA VI
 
 CECCO solo
 
 CECCO
 Qualche volta il padron mi fa da ridere.
280Ei segue il mondo stolido;
 cambia alle cose il termine
 e il nome cambia ben e spesso agli uomini.
 Per esempio a un ippocrita
 si dice uom divotissimo;
285all’avaro si dice un bravo ecconomo
 e generoso vien chiamato il prodigo.
 Così appella talun bella la femmina,
 perché sul volto suo la biacca semina.
 
    Mi fanno ridere
290quelli che credono
 che quel che vedono
 sia verità.
 
    Non sanno i semplici
 che tutti fingono,
295che il vero tingono
 di falsità.
 
 SCENA VII
 
 Camera in casa di Buonafede con loggia aperta, tavolino con lumi e sedie.
 
 FLAMINIA e CLARICE
 
 CLARICE
 Eh venite, germana,
 andiam su quella loggia
 a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
300Se il genitore austero
 ci ritrova colà, misere noi.
 CLARICE
 Che badi a’ fatti suoi.
 Ci vuol tener rinchiuse
 e dall’aria difese,
305come fossimo noi tele di ragno?
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
 al nostro genitor convien soffrire.
 CLARICE
 Ma io, per vero dire,
 stanca di questa soggezion noiosa,
310non veggo l’ora d’essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose
 avrem di soggezion finiti i guai?
 Anzi sarem soggette più che mai.
 CLARICE
 Eh sorella, i mariti
315non son più tanto austeri,
 aman la libertade al par di noi
 ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
 FLAMINIA
 Felici noi, se ci toccasse in sorte
 un marito alla moda. Ah sventurate,
320se un geloso ci tocca!
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch’io lo guarirei
 o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
 Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò.
 Ma il segreto io so
325con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
 Se l’accordasse il padre,
 spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
 Lo spererei anch’io
330con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell’Ecclitico vostro
 è un uom ch’altro non pensa
 che a contemplar or l’una, or l’altra stella.
 CLARICE
 Questo è quello, sorella,
335che in lui mi piace più.
 Finché ei pensa alla luna, ovvero al sole,
 la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
 Ma il genitor io temo
 non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
340un ottimo espediente.
 Maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
 Ciò so che non conviene a onesta figlia
 ma se amor mi consiglia,
 e il padre a me si oppone,
345io temo che all’amor ceda ragione.
 
    Ragion nell’alma siede
 regina dei pensieri
 ma si disarma e cede,
 se la combatte amor.
 
350   E amor se occupa il trono
 di re si fa tiranno
 e, sia tributo o dono,
 vuol tutto il nostro cor.
 
 SCENA VIII
 
 CLARICE, poi BUONAFEDE
 
 BUONAFEDE
 Brava, signora figlia,
355v’ho detto tante volte
 che non uscite dalla vostra stanza.
 CLARICE
 Ed io tant’altre volte
 mi sono dichiarata
 che non posso soffrir di star serrata.
 BUONAFEDE
360E ben bene, fraschetta,
 so io quel che farò.
 CLARICE
                                     Sì, castigatemi;
 cacciatemi di casa e maritatemi.
 BUONAFEDE
 Se io ti maritassi,
 non castigarei te ma tuo marito.
365Né castigo maggior dar gli potrei,
 quanto una donna pazza, qual tu sei.
 CLARICE
 Io pazza? V’ingannate.
 Pazza sarei qualora
 mi lasciassi un po’ troppo intimorire
370e avessi per rispetto a intisicchire.
 
    Son fanciulla da marito
 e lo voglio, già il sapete,
 e se voi non mel darete,
 da me stessa il prenderò.
 
375   Ritrovatemi un partito
 che sia proprio al genio mio
 o lasciate, farò io;
 se lo cerco il troverò.
 
 SCENA IX
 
 BUONAFEDE, poi LISETTA
 
 BUONAFEDE
 Se mandarla potessi
380nel mondo della luna, avrei speranza
 castigata veder la sua baldanza.
 LISETTA
 Serva, signor padrone.
 BUONAFEDE
                                            Addio, Lisetta.
 LISETTA
 Vuol cenare?
 BUONAFEDE
                           È anco presto, aspetta un poco.
 LISETTA
 Ho posta già la panatella al foco.
 BUONAFEDE
385Brava, brava. Lisetta, oh se sapessi
 le belle cose che ho vedute!
 LISETTA
                                                    E cosa
 ha veduto di bello?
 BUONAFEDE
 Ho avuta la fortuna
 di mirar dentro al tondo della luna.
 LISETTA
390(Ecco la sua pazzia).
 BUONAFEDE
                                        Senti, può darsi...
 Sai che ti voglio ben. Può darsi ancora,
 se tu mi sei fedel, se non ricusi
 di darmi un po’ d’aiuto,
 ch’io ti faccia veder quel che ho veduto.
 LISETTA
395Sapete pur ch’io sono
 vostra serva fedele e se mi lice
 vostra tenera amante
 (invaghita però sol del contante).
 BUONAFEDE
 Quand’è così, mia cara,
400della ventura mia ti voglio a parte.
 Vedrai d’un uomo l’arte
 quanto può, quanto vale;
 le prodezze vedrai d’un canocchiale.
 LISETTA
 Vorrei che un canocchial si desse al mondo
405da cui vedeste il fondo
 del mio povero cor che sol per voi
 arde d’amore e fede.
 (Egli è pazzo da ver, se me lo crede).
 BUONAFEDE
 Per rimirar là dentro
410in quel tuo cor sincero
 serve di canocchial il mio pensiero.
 Vedo che mi vuoi bene,
 vedo che tu sei mia.
 LISETTA
 (Ma non vede che questa è una pazzia).
 BUONAFEDE
415Doman ti vuo’ menar dal bravo astrologo,
 vedrai quel che si pratica lassù
 dalle donne da ben, come sei tu.
 LISETTA
 Se si vedono cose
 allegre e curiose,
420contenta io ci verrò; se vi son poi
 amori e seccature,
 caro padrone, andateci pur voi.
 BUONAFEDE
 O perché questo mai?
 LISETTA
 Perché di questi amori ho rabbia tale
425che né meno ho piacere
 vederli dentro il vostro canocchiale.
 
    Per aver gli affetti miei,
 che non fanno i cicisbei?
 Chi racconta i suoi dolori;
430ed io li dico: «Mori».
 Chi si lagna di Cupido;
 ed io di lui mi rido;
 
    chi mi chiama, io non lo sento;
 basso gli occhi e passo avanti;
435oh che razza di forfanti,
 non li posso sopportar.
 
 SCENA X
 
 BUONAFEDE, poi ECCLITICO